Sacrifici Di Guerra #ParliamoDiPace n°4

Guerre e sacrifici sono 2 facce della stessa medaglia fin dall'alba dell'umanità, basti pensare che antiche civiltà muovevano guerra con l’unico scopo di catturare vittime sacrificali.

Ancora oggi la cultura bellicista esalta il sacrificio, spacciandolo come atto eroico di patriottismo.

Così si manifesta un fenomeno ritenuto appartenente ad un remoto passato, in realtà più in voga che mai: i sacrifici umani.

Cosa troverai in questa riflessione/articolo:

  • Cultura sacrificale
  • Patriottismo militarista
  • Deumanizzare equivale a sacrificare
  • Martirio vano 
  • Onore e identità come trappole
  • Cittadinanza planetaria


Eccoci alla quarta puntata della rubrica del Campus: Parliamo di Pace.

Non abbiamo mai smesso di fare sacrifici umani! Mi rendo conto che sia un'affermazione apparentemente drastica e me ne prendo la totale responsabilità, ma sento in piena coscienza di poter ampiamente argomentare questa tesi.


Cultura

Sacrificale


Vorrei subito chiarire che non nego affatto l’esistenza di una qualità nobile del sacrificio, come suggerisce la stessa radice etimologica di sacrificio “sacrificium” ovvero "rendere sacro".

In pratica quali sono le caratteristiche del sacrificio sacro?


Innanzitutto quando è volontario e non imposto e rappresenta un atto virtuoso di impegno finalizzato a qualcosa di buono, come risparmiare per fare studiare un figlio, ma anche quando diventa rinuncia altruistica, una offerta di cuore. 

Ulteriori spunti nell’articolo sul blog del Campus intitolato “Dal Dono Al Perdono” link in fondo.


La trasformazione nel tempo di credenze e comportamenti 

Siamo tutti persuasi che i sacrifici siano tracce di in un remoto passato dell’umanità, sepolte tra gli antichi rituali delle religioni primordiali. In realtà i sacrifici sono tutt'altro che spariti e anzi mantengono un grande impatto nella nostra cultura odierna. 


Abbiamo interiorizzato l'atto sacrificale, trasformandolo da rito collettivo e di pubblico dominio inteso come baratto con le divinità, a sacrificio occulto, inteso come tutto ciò che consideriamo “sacrificabile” in nome di un bene superiore.


Ma come può essere un bene superiore, il male riservato solo alle vittime sacrificali?

Il “bene” di una parte a discapito di altri, semplicemente non è un vero bene superiore, tanto meno un bene comune, è un bene egoistico, o meglio, è un male fatto subire ai più deboli.


Mentalità arcaica

Mentre i sacrifici attuali non sono più ritualizzati e rivolti a divinità, la nostra mentalità è rimasta praticamente immutata. Crediamo ancora irrazionalmente che ci siano svariate motivazioni sufficienti a giustificare sacrifici, comprese le vite umane.

Un atteggiamento diffuso che il celebre psicologo Albert Bandura ha brillantemente individuato come disimpegno morale.

In realtà i sacrifici di oggi, nonostante gli alibi, sono atti violenti e insensati quanto quelli del passato. 

La credenza arcaica che sacrificare vittime alle divinità potesse portare alla prosperità della propria tribù equivale al credere, al giorno d’oggi, che ci sia una causa giusta per cui valga la pena immolarsi o costringere al sacrificio vittime innocenti.


Non c’è alcun nesso di causa ed effetto tra sacrificio e beneficio ottenuto, anzi i fatti dimostrano che violenza chiama altra violenza e sangue chiama altro sangue. 


Patriottismo

Militarista


Al giorno d'oggi il sacrificio di morire per la patria non ottiene nulla in cambio, se non far girare gli ingranaggi dei meccanismi militaristi.


Quante vite sono state sacrificate in nome della patria? 

“Madre Patria” ma quale buona madre manderebbe i propri figli ad uccidere figli di altre madri annullando tutti i valori e l’educazione al bene! ma soprattutto quale buona madre manderebbe i propri amati figli a morire giovani e in modo cruento?!


A ben vedere chi pretende sacrifici non è certo la patria, intesa come una comunità di persone che si riconosce in un territorio, una lingua, cultura e valori comuni.

Il sacrificio in nome della patria è un subdolo pretesto ingannevole.

A esigere sacrifici in nome della patria è una cerchia molto ristretta di persone, cioè coloro che dovrebbero rappresentarci e chi dai conflitti armati trae guadagno.


I sacrifici della patria sono reclamati per il mero profitto speculativo o per occultare l’incapacità di risolvere controversie internazionali attraverso la politica. 

Il consenso popolare viene perseguito attraverso propaganda militarista che strumentalizza; il senso del dovere, la lealtà e l'onore verso la patria.

Ingenuamente in preda al sentimento patriottico, le vittime sacrificali si comportano come sudditi che obbediscono agli ordini di sovrani, che in realtà sono falsi patrioti o, più precisamente, traditori della patria.

Sì, ribadisco, traditori della patria, poiché costoro antepongono i propri scopi personali a quelli della collettività, calpestano la Costituzione che dovrebbe essere la bussola di riferimento per chi governa mentre invece viene aggirata, in particolare l’art. 11 sul ripudio della guerra.


La Costituzione dovrebbe essere il faro di una patria, a partire dal suo primo articolo “La sovranità appartiene al popolo”.

Se il popolo è sovrano e vuole la pace, perché mai dovrebbe andare in guerra a morire e uccidere?



Deumanizzare

equivale a sacrificare


Oggi i sacrifici si svolgono in buona parte all'oscuro dalla popolazione che di conseguenza perde la percezione diretta del fenomeno.

Dove si compiono i sacrifici odierni?

In molti luoghi e contesti diversi, dallo sfruttamento delle risorse dei paesi colonizzati, agli animali segregati in allevamenti intensivi o nelle varie manifestazioni di disprezzo per la natura e nel nostro caso specifico, sui campi di battaglia, dove centinaia di migliaia di sacrifici si celano allo sguardo del mondo.

La sete di sangue della guerra fa pochi complimenti, non distingue tra eroi o nemici, tutti sono appetibili vittime fruibili sull'altare sacrificale di Ares e Atena, gli dei della guerra. 

Tutte le vittime sono capri espiatori, divengono pegni da pagare, parti di guerra quanto fucili, carri armati ecc. I morti nelle guerre che siano civili o militari sono tutti deumanizzati dal sacrificio, ridotti a "danni collaterali".


In guerra non ci si limita a disumanizzare il nemico demonizzandolo. La deumanizzazione è un fenomeno molto più esteso che coinvolge i nostri valori etici e le regole sociali; ad esempio, la legge vieta l’omicidio perché costituisce un reato, ma in tempi di guerra uccidere diventa un obbligo imposto dallo Stato stesso.

Ma non è finita, in guerra si disumanizzano anche i soldati della propria Nazione, poiché vengono considerati "sacrificabili" ai fini della vittoria, diventano coloro che si è disposti a pagare per l’effimero orgoglio della vittoria. 


Martirio vano

La guerra santa

è come Babbo Natale,

esiste solo per chi ci crede.

La guerra è tutt'altro che sacra, questo vale anche per le crociate che non avevano nulla di cristiano né di santo.


A chi viene offerto il sacrificio e per ottenere cosa? sono domande fondamentali.

Quando si dice sacrificio per la patria o in nome di Dio, chi è a beneficiare del sacrificio compiuto?


Offrire il proprio sacrificio per il bene altrui, può essere un gesto altruistico dall’atteggiamento eroico ma se manca la consapevolezza di quali siano le conseguenze di quel gesto e di chi veramente ne tragga benefici, rimane spesso un atto sciagurato, inutile e in fine dannoso.


Il destinatario dell’offerta sacrificale

La consapevolezza di quale sia il destinatario della nostra offerta non è un dettaglio ma il requisito più importante. Pensiamo se ad esempio facessimo una donazione economica a chi utilizza questi contributi per dare vita ad iniziative virtuose di solidarietà. Sarebbe l’equivalente del versare denaro su investimenti finanziari che fruttano interessi.

Ma se scoprissimo che la nostra offerta andasse in pasto a truffatori?

Non solo la nostra donazione sarebbe andata in fumo ma avrebbe contribuito a truffare altre vittime come noi!  

La vita di ognuno ha un inestimabile valore, gettarla al vento inutilmente non ha senso e non la trasforma in eroica.



MANCATI EROI 

Non basta sacrificarsi per diventare eroi!

Se considerassimo eroe chiunque si sacrifica per la propria causa, allora perché non dovremmo farlo anche con i kamikaze o gli attentatori jihadisti che si sacrificano in nome della PATRIA o di Allah?

Nel loro intento sono tutti sacrifici in nome di qualcosa più importante di loro stessi, ma uscendo dalla visione del fanatismo patriottico e religioso, è palese che questi atti siano contro l’umanità, contro l’etica e l'antitesi stessa dei valori religiosi e morali. 

Non è un caso che Hitler nel suo Mein kampf dedicò grande enfasi allo spirito di sacrificio, di cui si approfittò per raggiungere i suoi oscuri obiettivi.


Attenzione, il problema non è di chi si sacrifica, che nell'intento spesso ha le più nobili intenzioni ed è convinto di servire un bene superiore.

Il problema è questa mentalità arcaica che compie atti di estrema violenza a discapito dei più deboli senza che si ottenga prosperità e tanto meno pace.  


Atti di guerra o terrorismo

E’ vero che prendersela con civili inermi come fa il terrorismo è un atto vile, ma allo stesso modo le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki sono stati atti di sterminio di massa nei confronti di civili, inermi ed innocenti quanto le vittime dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre.


Oggi nella Striscia di Gaza si presenta la medesima situazione. Dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, il Governo di Netanyahu sta sterminando migliaia di persone innocenti in nome della legittima difesa, ma la legittima difesa non può diventare la legittimazione di ritorsione vendicativa!



Onore e identità

come trappole

MA QUALE ONORE?

In cosa consiste l’onore? basta morire per la patria o per Dio per essere considerati uomini d’onore o di fede? La risposta è ovviamente no, non c’è onore nell’uccidere persone innocenti e inermi e tanto meno fede, piuttosto la nostra coscienza dovrebbe essere sconvolta.

Il fine non giustifica i mezzi! 

Compiere il male non porta al bene, il mezzo è già il fine. Agire in modo giusto è la strada per arrivare alla giustizia, così come agire in modo nonviolento è la strada che conduce alla pace.

Se andiamo a vedere infatti chi ha commesso gesti di aggressione, ha ottenuto in risposta solo una ritorsione di violenza ancora maggiore, è la logica dell’escalation, dalla quale si esce solo con la rinuncia all’occhio per occhio.


Don Chisciotte moderni

Il motto “lottare contro i mulini a vento” fa riferimento ad un episodio del celebre romanzo Don Chisciotte che indica la lotta per una causa persa.

A molte persone infarcite dalla nascita di propaganda bellicista, buttare la propria vita appare un atto eroico di fede o di patriottismo. Non ne avvertono l'assurdità. Anzi, talvolta, per non dire troppo spesso, il sacrificio si presta a compensare la ricerca fallita del senso della propria esistenza. Il ragionamento è: “Non ho ancora trovato lo scopo della mia vita, forse la mia missione è sacrificarmi”. 


Nella crisi identitaria che vive l'umanità del nostro tempo, gettare la vita al vento potrebbe sembrare eroico, un gesto per il bene. In realtà non è altro che combustibile per alimentare il fuoco della violenza.


La ricerca identitaria

Immedesimarsi nei modelli sociali eroici può inebriare e apparentemente colmare il vuoto interiore di una personalità non realizzata, di un’anima smarrita che cerca di comprendere il suo posto nel mondo e insegue un senso esistenziale che stenta a trovare.

Prima della guerra la vita sembrava non avere un senso e ora la morte ”eroica” appare l’unico senso della vita. Il culto della guerra pretende che si uccida e che si venga uccisi in nome di una gloria imbrattata di sangue, morte e distruzione.

In tutto questo non vi è certo onore ma inganno e strumentalizzazione della impellente ricerca di senso e identità che permea l’animo umano.

Non cadiamo nel tranello di una appartenenza identitaria che pretende la nostra totale obbedienza equivalente ad una fede dogmatica che esige perfino il nostro sacrificio in nome della patria o di Dio, quando invece è l’interesse di pochi potenti che cercano di sfruttare le masse per detenere potere e logiche di profitto.


Cittadinanza

Planetaria   

E’ vero che i contenziosi territoriali rappresentano uno dei motivi per cui scoppiano le guerre, ma forse è possibile coltivare il senso di appartenenza fino a radicarlo in profondità, piuttosto che estirparlo, affinché possa divenire patriottismo planetario.


Così come il sacrificio può essere virtuoso oppure un atto di violenza terribile, anche il concetto di patria ha una doppia valenza, cioè può rappresentare un sano senso di appartenenza ma anche facilmente tramutarsi in un pericoloso senso di superiorità rispetto alle altre patrie che si traduce in ostilità. 


Non vorrei che si fraintendesse il senso di appartenenza con il senso di possesso o di proprietà. La dominante mentalità antropocentrica invoca “siamo i padroni del mondo”. Se andassimo oltre la nostra arroganza emergerebbe che non siamo i padroni ma parte di questo pianeta e dovremmo prendercene cura, esserne i custodi.


Tutte le divisioni e distinzioni, i confini, le lingue e le differenti tradizioni ci inducono a credere di essere separati gli uni dagli altri. 

Ma è semplicemente una dannosa illusione, una importante ricerca pubblicata su Science, (Link in fondo) rivela che tra gli 800 e i 900 mila anni fa l'essere umano ha rischiato l'estinzione più drastica; la popolazione mondiale dell’epoca si ridusse da 100 mila a solo 1280 individui, poco meno del 1,3% riuscì a sopravvivere, è mancato pochissimo che arrivassimo a zero.

Tutta la popolazione attuale discende da poco più di mille antenati comuni.

Siamo un'unica grande tribù umana in cui le diversità ci distinguono ma non per questo dovrebbero dividerci e porci gli uni contro gli altri.

 


Dei "Sacrifici Di Guerra" parleremo nella nostra prossima diretta!



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Una rubrica interattiva a cura del nostro Fausto Piccolo Sociologo con cui affronteremo i temi della nonviolenza, del disarmo e della pace. 

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Fausto Dalla Valentina

Autore della rubrica

Parliamo di Pace


Socio fondatore Campus Bene Comune

con il progetto Piccolo Sociologo, divulga tematiche di Crescita Personale come:

Condiziona-menti, Ricerca Esistenziale, Etica Eco-Logica, Parliamo di Pace.

A seguito della partecipazione del Campus Bene Comune all'Eirene Fest (Festival dell'Editoria della Pace), abbiamo pensato a diverse iniziative per proseguire il percorso di approfondimento sulle tematiche di pace e nonviolenza, questa rubrica è una di queste.


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