Educati alla Guerra #ParliamoDiPace n°1

Siamo gradualmente educati alla logica della guerra tramite un imprinting militarista che ci viene inculcato fin da bambini. Difficile riconoscerlo, tanto è radicato in noi, ormai risulta quasi indistinguibile, incarnato tra le nostre convinzioni più profonde.

Inoltre non è certo da sottovalutare anche quanto militarismo e machismo siano intrecciati, suscitando in noi il fascino seducente della logica di dominio della potenza armata.


Cosa troverai in questa riflessione/articolo:

  1. L'imprinting Militarista
  2. Condizionamenti violenti
  3. Educati alla guerra
  4. Propagande di guerra
  5. Schiera-Menti - Le visioni da stadio 
  6. La via della nonviolenza

L’IMPRINTING MILITARISTA

IMPRINTING FAMILIARE  

Tutti possiamo intuire come gli esempi che riceviamo fin da bambini condizionino in modo determinante l'intera esistenza; il punto che può sfuggire a molti riguarda piuttosto le effettive implicazioni conseguenti.

Anche noi animali umani subiamo l’imprinting, meno incisivo rispetto alle ochette del celebre etologo Konrad Lorenz dove l’imprinting si presenta come comando quasi meccanico, ma nel nostro caso molto più prolungato nel tempo ed esteso a più modelli di riferimento, da quelli familiari a quelli scolastici, sociali e mediatici.

Secondo lo studioso britannico John Bowlby, noto per "La teoria dell'attaccamento ", già i neonati scelgono le loro figure di riferimento. In psicologia l'imprinting prende il nome di "apprendimento sociale" studiato da esperti internazionali come Albert Bandura. Esso si basa sul presupposto che l’essere umano, per sua natura, tende ad osservare e imitare una serie di modelli sociali (modeling) e ne acquisisce i comportamenti, il modo di pensare, i valori morali, fino a gettare le fondamenta dell'identità individuale che si lega ad un gruppo sociale d’appartenenza (la propria tribù).

NON SEMPRE RICONOSCIAMO LA VIOLENZA

Nessuno farebbe entrare in casa propria qualcuno di pericoloso, eppure lo facciamo continuamente perché la violenza si infiltra sotto falsa identità fingendosi un'attività innocua, oppure noi stessi la invitiamo ad accomodarsi poiché ne sottovalutiamo l'impatto. Ormai la consuetudine di incontrarla nella routine quotidiana ha reso familiari forme di violenza di vario genere. 


Riconoscere i nostri limiti. 

Fare una lista di condizionamenti militaristi probabilmente potrebbe apparire, allarmistico ed esagerato, per la serie "che ci sarà di male in questo o quello?"

Ma teniamo presente in partenza l'influenza delle abitudini. Siamo portati ad adeguarci a tutto, comprese le situazioni spiacevoli se ripetute nel tempo, fino ad arrivare ad una accettazione rassegnata del tipo "si è sempre fatto così", "noi non ci possiamo far nulla!"  e via dicendo.

Le situazioni che si tramandano e si stabiliscono come prassi comune, vengono così "normalizzate".

Per esempio fare sacrifici umani o possedere schiavi in passato erano considerate pratiche normalissime; non è stato facile uscirne e oggi forse è ancora più difficile, perché ci consideriamo molto evoluti.


Non lasciamoci sviare dall'idea autoreferenziale che ormai siamo ”civilizzati”, nel senso di nonviolenti. In questa epoca e nella nostra società ci sono ancora moltissime pratiche violente accettate comunemente, vedi lo sfruttamento dei Paesi poveri o gli allevamenti intensivi


Senza arrivare però a questi livelli di violenza palese, dobbiamo tener conto di quanto anche basse dosi di violenza quotidiane, prolungate nel tempo, agiscano in modo simile ad un lento ma inesorabile avvelenamento.  



CONDIZIONAMENTI VIOLENTI

A partire dalle nostre credenze tramandate da generazioni, di enorme rilevanza risultano certamente gli insegnamenti religiosi. Si tratta principalmente di valori virtuosi, che potremmo anche definire bussole etico/morali, culturalmente accettate anche dai laici. Eppure è un dato di fatto che anche tra i libri considerati sacri come la Bibbia, il Corano, i Veda ecc. si trovino numerosi racconti di guerre sanguinarie e ci sia stato un utilizzo strumentale delle religioni per gesta che nulla hanno di spirituale, come le crociate, le guerre sante, la caccia alle streghe ecc.. 

Quindi occorre vigilare attentamente anche in questo ambito, onde evitare forme di fanatismo religioso che hanno più a che fare con la violenza bellicista piuttosto che con la spiritualità autentica, che è indubbiamente un tassello fondamentale nel mosaico della pace.


La guerra come spettacolo di intrattenimento.  

Proseguendo la panoramica sui condizionamenti bellicisti mi viene subito in mente la cinematografia. Esiste un numero spropositato di film e serie tv che esaltano la violenza, in particolare la figura dell'eroe di guerra, solitamente un patriota che per una "causa giusta" compie una carneficina spaventosa. Con “Rambo” però, più che alla storia del film con Sylvester Stallone, mi riferisco ad una icona di esaltazione del combattimento militare. Avrei potuto fare altrettanto con Terminator o tante altre figure simboliche oramai parte del nostro immaginario collettivo, che purtroppo ogni bambino interiorizza e abbina ben presto all’impulso aggressivo.

PEDAGOGIA DI GUERRA 

Impariamo la guerra, mentre la pace viene data per scontata come cosa buona e giusta. Viviamo nella presuntuosa convinzione di sapere benissimo cosa sia la pace, crediamo che si possa pregare, cantare, manifestare, ma non sia necessario studiare la pace, a differenza delle guerre da sapere a memoria.

Senza coltivarla, però, la pace rimane un seme che non germoglia, non cresce e non dà frutti, rimane un’intuizione astratta, un valore potenziale ma privo di radicamento di base.


A casa i bambini crescono giocando alla guerra coi soldatini, travestendosi e impersonando intrepidi guerrieri, per non parlare dei sempre più diffusi videogame di combattimento con arti marziali, pugilato, spade laser e sparatorie con arsenali fornitissimi, fino ad arrivare alle simulazioni in squadra di azioni militari come il softair.

Si gioca in molti modi alla guerra, associandola al divertimento, distraendosi dall'idea che le guerre sono tutt'altro che giochi divertenti.


A scuola, attenendosi ai programmi ministeriali, gli avvenimenti storici nonviolenti vengono a malapena accennati, mentre si insegnano per filo e per segno guerre di ogni tipo ed epoca. Così si svolge una subdola pedagogia che istruisce a considerare le guerre normali e le soluzioni nonviolente eccezioni rare.


Piuttosto di questa diffusa pedagogia che esalta la guerra, non sarebbe meglio un'educazione alla nonviolenza? Come quella proposta per esempio da ED.UMA.NA (educazione umanistica alla nonviolenza attiva) (1) Link in fondo)


Inoltre sono sempre più pressanti le infiltrazioni militariste nel mondo della formazione, in particolare nei delicati passaggi scuola/lavoro, col tentativo di fare delle scuole avamposti delle caserme per un reclutamento precoce. 

Emblematico il caso degli zainetti degli eserciti lanciati dalla storica ditta giochi preziosi. Con tanto di slogan "per sentirsi sempre in missione"



Su questo caso si è attivato un forte boicottaggio che ha portato al ritiro degli zainetti, ma il problema rimane tuttora gravemente diffuso. Tra le varie fonti attendibili in particolare segnalo l’osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. (2)Link in fondo)



LINGUAGGIO DA RAMBO 

L’Imprinting militarista avviene a molti livelli di assorbimento, anche nel linguaggio, plasmando il nostro modo di pensare: per fare brevi esempi pensiamo a bomba o guerra, cose terribili si trasformano in positive tramite associazioni mentali distorte. Per un evento di successo o una notizia importante si usa dire ”una bomba” o pensiamo a “guerra al crimine”, che equivale ad intendere guerra = combattere il male.

Si potrebbe proseguire con molti altri esempi di termini che non definiscono nulla di positivo e che invece vengono associati nel nostro linguaggio, e quindi al pensiero, a qualcosa che consideriamo giusto, addirittura virtuoso.

Allo stesso modo vengono distorti termini positivi, es. “pace fiscale” che ci azzecca la pace col fisco? lasciare tranquilli i debitori dalle tasse? il messaggio inconscio diventa pace = impunità. 

E così che il linguaggio in molti casi perde di significato. 

Più scarno e indefinito è il linguaggio, più il pensiero critico si riduce.

Noi pensiamo con le parole che conosciamo.. 

(Consigliato sul tema del linguaggio bellicista e militarizzante il libro di Pasquale Pugliese

(3) link in fondo)

LE PROPAGANDE DI GUERRA 



Nei celebri romanzi 1984 di George Orwell e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury si racconta di come si possa condizionare il pensiero attraverso la censura che riduce il numero di parole e la propaganda che ne distorce il senso, convertendo le masse al pensiero unico dominante. Sarebbe bello si trattasse solo di fantasie letterarie, in realtà sappiamo che questi strumenti di manipolazione di massa sono stati effettivamente utilizzati con successo per l'ascesa del nazismo. 


Nel Mein kampf, il libro dove Adolf Hitler mise nero su bianco la sua delirante ideologia, egli dedicò ben 2 capitoli alla “propaganda di guerra”. Si legge ad esempio <<La 𝐏𝐑𝐎𝐏𝐀𝐆𝐀𝐍𝐃𝐀 efficace deve essere limitata a pochissimi punti esposti in forma di 𝐒𝐋𝐎𝐆𝐀𝐍, finché anche l'ultimo uomo sia in grado di comprendere ciò che ogni slogan significa.>> 

Sarebbe ingenuo pensare che quella di Hitler fosse una isolata eccezione della storia umana. 


Le propagande non sono parentesi rimaste nel passato, purtroppo ci sono ancora, anche se non apertamente dichiarate… 

Se si pensa a slogan come: "volete la pace o il condizionatore?" o ai tormentoni "c’è un invaso e un invasore” e "c'è un aggredito e un aggressore" le complesse dinamiche di una guerra vengono limitate a - c’è un solo buono e un solo cattivo -. Ci si dovrebbe rendere conto di quanto sia in corso anche ora, a casa nostra e nel resto del mondo, una propaganda diffusa che propone facili formulette a problematiche molto complesse per sostenere l'uso della violenza come mezzo irrinunciabile per la risoluzione di controversie. 


Proprio l‘esatto opposto di quanto affermato saggiamente nella nostra Costituzione all'art. 11 che ripudia drasticamente la guerra, così come nel diritto internazionale all’art. 28 della Carta delle Nazioni Unite. 


Che dire dell’informazione sulle guerre? 

A differenza del periodo pandemico dove medici specialisti di ogni genere sono diventate star famose, per la guerra in Ucraina e nuovamente per il conflitto israelo-palestinese nel mainstream a malapena si dá spazio a qualche voce pacifista qua e là e gli specialisti delle mediazioni dei conflitti sono tuttora anonimi. 


Quasi nessuno parla con cognizione di causa di negoziati di pace, tant'è vero che studiosi dei conflitti e mediatori di pace come Johan Galtung, per citarne uno per tutti, sono perfetti sconosciuti alla maggioranza dell'opinione pubblica, mentre decenni di studi e mediazioni concretizzate nel passato dovrebbero essere il perno della discussione, se veramente si volesse la pace. 

(Video sui mediatori di pace in fondo)


Il giornalismo nonviolento esiste ma rimane attualmente, purtroppo, confinato ad una informazione di nicchia, ad esempio la lodevole informazione di PRESSENZA (4) link in fondo)

(Su questo argomento, il gap è talmente vasto che servirà un’altra riflessione/articolo per parlare del giornalismo nonviolento e della scienza per la pace.)


Il lungo elenco qui raccolto finora è ancora solo la punta dell’iceberg di questi fenomeni che, sommati, costituiscono un vero e proprio imprinting militarista di massa che ci condiziona costantemente e tra i suoi effetti provoca una inconsapevole cecità selettiva alle forme di violenza.


SCHIERA-MENTI 
GUARDIAMO IL MONDO

COME SE FOSSE UNO STADIO

CECITA’ SELETTIVA DELLA VIOLENZA

Si usa dire violenza cieca, ma ciechi siamo noi di fronte alla violenza o più precisamente ne abbiamo una visione distorta, scambiamo forme di violenza feroce (rappresaglie, ritorsioni, vendette) come conseguenze inevitabili o addirittura come necessari atti di giustizia.  

Non riusciamo a vedere certe forme di violenza per quello che sono realmente, sono state nel tempo legittimate e normalizzate, non le riconosciamo, calati come siamo in una psicosi bellicista. Perciò esultiamo di fronte ad una violenza inaudita che invece percepiamo come "vittoria dei buoni nel nome del bene". 

Quando siamo imprintizzati, abituati e assuefatti a vedere la violenza, la normalizziamo a tal punto da farla diventare invisibile.

Eppure tutti siamo convinti di distinguere perfettamente cos’è violento e cosa no.

Come fa allora, a sparire la violenza dai nostri occhi? 

Sparisce attraverso i tanti canali d’ingresso dell'imprinting da Rambo, nei tanti condizionamenti del bellicismo culturale, non ultimo a causa di una visione faziosa della realtà.

Come tifoserie da stadio, davanti agli errori della nostra squadra si chiude un occhio, non si vogliono vedere e si cerca in tutti i modi di giustificarli. Così la violenza della nostra fazione viene trascurata, minimizzata e tollerata, mentre quella altrui, al contrario, è posta sotto lente di ingrandimento.


Tutti siamo convinti di stare dalla parte giusta, ma sarà giusta una visione di parte?

Esempio attuale: vediamo la violenza cieca di Hamas ma rimaniamo ciechi davanti alla violenza del governo israeliano di Netanyahu o viceversa.

Si applica un doppio standard, 2 pesi e 2 misure.

Ecco cosa accade quando viviamo fin dall'infanzia le dinamiche polarizzanti dell'essere schierati in contrapposizione. La nostra è una visione distorta, parziale e limitata ed ecco perchè, puff, magicamente la violenza sparisce dai radar della nostra interpretazione della realtà…

(Video sulle dinamiche degli schieramenti in fondo)


Nella psicologia sociale, in particolare nella social identity theory, sono state provate con numerosi esperimenti queste spiccate tendenze umane alla contrapposizione, anche per minimi dettagli, nelle quali ci si identifica in un gruppo di appartenenza.  

Articolo/video sulla teoria dell'Identità sociale - (5) link in fondo)


Le differenze ci distinguono ma non per forza dovrebbero dividerci, anzi possono diventare complementari. Per andare oltre la contrapposizione, la direzione rimane quella di conoscersi, oltrepassando le nostre diffidenze sul ponte del dialogo….



Articolo sul dialogo - (6) link in fondo)

Le vie d'accesso dei condizionamenti del bellicismo.

Riassumendo, violenza e guerra sono penetrate dentro di noi sotto mentite spoglie di linguaggio, credenze, gioco, informazione, intrattenimento, istruzione e identità patriottica fanatica; siamo sempre più distanti e meno coscienti della vera natura della guerra, ovvero una raccapricciante tragedia evitabile, fatta di distruzione, sangue, sofferenze atroci e cadaveri, e il tutto senza alcuna gloria!


Contro il militarismo, non contro i militari 

Tengo a precisare che non ho nulla contro i militari, io mi oppongo fermamente alla propaganda militarista che è ben altro. I soldati sono in larga misura essi stessi vittime di un sistema delirante e spesso sono proprio i militari ad essere più pacati e cauti, rispetto alla buona parte dei politici che sembrano invece sempre pronti a gettare benzina sul fuoco delle guerre.

LA VIA DELLA NONVIOLENZA

CANCELLARE L'IMPRINTING DA RAMBO


"La prima vittima quando arriva la guerra è la verità" Hiram Johnson

L’effetto dell'imprinting non è mai un salto drastico, è un lungo processo di variazioni condizionate che puó, infine, indurre addirittura a pensare che andare in battaglia sia il senso della propria esistenza.


Se partiamo dal riconoscere che molte delle nostre convinzioni sono costruite sulla menzogna, si potranno svelare i condizionamenti che esaltano la violenza e che ci hanno convinti di ideali che non sono nostri, semplicemente li abbiamo assorbiti come spugne, non si possono cancellare velocemente, ma possiamo cominciare da subito a riscrivere quei valori in cui ci riconosciamo veramente autentici.


Per concludere, i giochi ispirati alla guerra o altri aspetti citati in questo excursus, non rappresentano il problema in sé, ma possono costituire il presupposto del diventare esaltati Rambo, che pensano che con le armi si difenda la libertà, quando invece sono le armi stesse ad imprigionarci nelle gabbie mentali della violenza. 


Non si tratta di reprimere il nostro spirito combattivo, ma piuttosto di imparare ad utilizzarlo in modo costruttivo, senza innescare altra violenza, con il coraggio di rinunciare all'orgoglio egoico che vorrebbe solo prevalere sugli altri.


Possiamo utilizzare lo spirito combattivo come spinta dinamica per spegnere l'ingiustizia e gli incendi di odio, rabbia e intolleranza.



"Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto" 

Nelson Mandela



Nella prossima riflessione/articolo parleremo di un argomento strettamente collegato

e complementare a quello dei condizionamenti militaristi: I MODELLI EROICI.

"Basta Eroi Violenti" leggi l'"articolo



Di "educazione di guerra" ed educazione nonviolenta, abbiamo parlato nella nostra diretta. Domenica 19/11/2023

Ospite Annabella Coiro di EDUMANA (educazione umanistica alla nonviolenza)

nel video qui sotto puoi vedere il replay


SOMMARIO LINK DI APPROFONDIMENTO









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"Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto."

Nelson Mandela

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4 Risposte a “Educati alla Guerra #ParliamoDiPace n°1”

Intanto vi ringrazio per il servizio che fate alla comunità e poi provo a riflettere sulle “convinzioni”…L’imprinting si trasforma in forme-pensiero che divengono “abitudini mentali”.Perdiamo lentamente la possibilità di accorgerci di quanto tali codici ci ingabbino…Ci vuole l’acquisizione di forme-pensiero autoriflessive, una capacità di autosservarsi e farsi domande per porsi in discussione costruttiva da soli, in famiglia, in classe, con gli amici…per restare vigili, attenti e pronti a realmente modificare il proprio punto di vista ed aiutare i piccoli ad allenarsi a farlo partendo dal gioco stesso.Questo atteggiamento ci predispone ad un uso più coerente del linguaggio verbale e non verbale.Grazie ancora

Grazie mille a te Paola per il tuo bel commento, che trovo riporti anche termini perfetti sull’imprinting da “Rambo” di questo articolo..

Spero sarai dei nostri alla diretta di domenica 19 novembre alle 10, ci sarà anche Annabella Coiro di Edumana… Un caro saluto e #ParliamoDiPace 🏳️‍🌈

cari amici
sono assolutamente daccordo con voi. Noi siamo praticamente addestrati alla violenza dal nostro primo inizio, anzi se sei pacifisto pacifista in questo mondo sei il perdente. Che peccato, fino a oggi la gente ovviamente non ha capito che noi possiamo solvere i nostri problemi solo insieme, per esempio il grande grave problema del riscaldamento globale. Noi invece facciamo guerra contro i cosidetti dittatori che dalle loro proprii popoli non sono affatto considerati da dittatori. In verita siamo noi i dittatori che vogliono sfruttare il mondo, che ci guadagniamo nasi d´oro vendente armi, che pensiamo sul serio che il senso della vita consiste in raccogliere beni materiali e diventare ricco e potente. Come povero. Noi dobbiamo urgentemente cambiare la nostra coscienza, la vita offre piu molto di piu che raccogliere dinari. I dinari non ci servono a nulla se non riusciamo a vincere la pace, l´amore, la liberta uguaglianza e fratellanza per tutti gli abitanti di questa pianeta.

Grazie 1000 per il tuo bel commento🙏
Concordo in pieno con tutto ciò che hai scritto🥂

Spero sarai dei nostri alla diretta di domenica 19 novembre alle 10, ci sarà anche Annabella Coiro di Edumana…
Un caro saluto e #ParliamoDiPace 🏳️‍🌈

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Una rubrica interattiva a cura del nostro Fausto Piccolo Sociologo con cui affronteremo i temi della nonviolenza, del disarmo e della pace. 

💢Non è scontato parlare di pace, la nonviolenza è spesso fraintesa proprio perché poco conosciuta sia nelle tesi che nelle prassi.

Un nuovo appuntamento da non perdere: 

  • La domenica >>> si pubblica l’articolo
  • la domenica successiva >>> diretta interattiva con il Piccolo Sociologo, su facebook e YouTube

Fausto Dalla Valentina

Autore della rubrica

Parliamo di Pace


Socio fondatore Campus Bene Comune

con il progetto Piccolo Sociologo, divulga tematiche di Crescita Personale come:

Condiziona-menti, Ricerca Esistenziale, Etica Eco-Logica, Parliamo di Pace.

A seguito della partecipazione del Campus Bene Comune all'Eirene Fest (Festival dell'Editoria della Pace), abbiamo pensato a diverse iniziative per proseguire il percorso di approfondimento sulle tematiche di pace e nonviolenza, questa rubrica è una di queste.


Guarda i video della nostra partecipazione

all'Eirene Fest